Next Event: ART INTERNATIONAL ZURICH 2025 | 27th Contemporary Art Fair | 23-25 may 2025 Next Event:
ART INTERNATIONAL ZURICH 2025
27th Contemporary Art Fair
23-25 May 2025

ART INTERNATIONAL ZURICH 1999


LAUDATIO


LARTE E IL SUO CARATTEAE SPERIMENTALE ALLE SOGUE DEL 2000

Per la prima volta, a Zurigo, gli organizzatori presentano un'esposizione d'arte contemporanea internazionale, a cui partecipano circa cento artisti di quattro continenti (Europa-America-Asia-Africa): gli artisti hanno la possibilità "unica" di farsi conoscere in una città cosi densamente culturale, di far conoscere le loro opere, senza la mediazione di ufficiali gallerie, perché direttamente contrattati e in contatto vivo con ii pubblico e la stampa scritta e parlata.

Ogni partecipante presenta il proprio stile, senza temi precostituiti e riflette, sia in pittura-scultura e immagine "manipolata", le ultime tendenze o modalità "rinnovate" di movimenti postmoderni dal 60 ad oggi, senza la pretesa di essere "nuovissimo", ma con il potere individuale di allineamento o di scontro. Senza entrare in dettaglio in questa globalità variegata e senza elencare singolarmente gli artisti, si può affermare, in generale, che la presente esposizione off re lo sforzo, spesso egocentrico, di un'espressione plurilinguistica, che vuole autodefinirsi e, nello stesso tempo, coinvolgere 10 spettatore a qualunque costo e con qualunque mezzo, soprattutto con l'originalità, che la tecnica odierna gli mette in mano.

Questa operazione "pluralizzata" e, secondo Renato Barilli, "differente nella ripetizione", sia come atteggiamento dell'arte e come "prodotto" sperimentale alle soglie del 2000, merita qualche considerazione.
Come ö noto, nella nostra era della tecnologia globalizzata e della manipolazione "digitalizzata", anche l'arte inevitabilmente condizionata, si rivolge a una forma di sperimentazione continua, caratterizzata da una circolarità multimediale, pandirezionale e panvirtuale: neodada-neopopart neoespressionismo-neoastrazione-neotransavanguardia-antiform-hard edge abstraction-optical art-fluxus-video-junk assemblage-environment-happening.

L'artista, quindi, si offre all'oggetto direttamente, con esasperazione proteiforme, con eidicità "combinata", per trovarlo, separarlo, disporlo, esaltarlo, glorificarlo in uno spazio "fuori campo", chiamando in causa tutti i "tasti" deII'espressione visiva: pittura-scultura-architettura-movimento micro/ macro.
La creazione "indiretta" deII'artista, nella fenomenologia delle cose, coinvolta nel percorso processuale (process art) da una parte e addestrata in un coinvolgimento mentale-corporale daII'altra.

Non è più la mano o il pennello a toccare una porzione di realtà nel ristretto quadrato del tableau, con le tre canoniche modalità di scrittura, linea-colore forma, ma I'investimento totale della percezione a raggiungere, in circolarità, tutto il visibile, in un'indefinibile variazione di "figure". Anche il linguaggio sembra perdere il suo equilibrio semantico e la sua transitività tra 1 nome e la cosa, scavalcando metafore e motonimie, nella fusione della parola e dell'immagine, tra condensazione, spostamento, selezione-coordinamento, e, soprattutto, sbranamento.
Se l'informale, presente anche neII'esposizione in oggetto, resiste ancora, agglutinando lo spazio, se ancora l'oggetto "trovato" non nomina più se stesso in una dimensione azzerata, ora scatta, in esplosione, un magnetismo, che si disintegra continuamente, cominciando sempre da capo.

Anche se Maurice Pleynet invoca il reale come oggetto di conoscenza, nell'arte di oggi, l'unidirezionalità comunicativa si sgretola e la conoscenza, meglio, le conoscenze diventano parcellate e inafferrabili.
In questo caos "relativizzato", dove la ribellione del corpo con la mente può scattare all'improvviso, dove il "contenuto" contro II contenitore "8 tutto", secondo Cy Twombly, tutto può diventare arte e sembra che l'artista "onnipotente" abbia solo il compito di "significare" con un cenno "mentale", per risolvere, parzialmente, la propria fetta di originalità.

Questa "presunta" circolarità della realtà, enfatizzata "a meraviglia", diventa, in fondo (e questo è il "pericolo"), una fissa, "meccanica" visibilità, sempre giustificata e teleguidata dall'IDEA, cio dal concetto, che non riesce a diventare "discorso". E, nella settorialità unica di questa espressione, manca l'universalità strutturale dell'uomo "intero", la sua archeologica scienza, che faccia "vivere" ogni cosa con il suo fiato vitale. Non basta quindi la nozione stereotipata, la serializzazione, la tecnicità obsoleta, la statua che parla, il muro espositivo, che sorpassa le geografie locali, il rifiuto, la combinazione: ci vuole la funzione giustificante, la superficie che diventi profondità, la contagiante contiguità della fusione, un sistema "aperto" e, con Martin Heidegger, "esplorante".
L'artista gigante-bambino, onnipotente tecnologicamente, ma "piccolo" culturalmente, dovrà trovare, nel 2000, un equilibrio stabile ( e l'espressione della presente esposizione sembra indicare questa ansiosa ricerca), altrimenti sarà travolto dalla sua stessa macchina "ideante".

Inoltre dovrà trovare, tra il mondo, la sua privata "parola", il suo linguaggio, strutturalmente codificato e scientificamente formalizzato; altrimenti, resterà "muto" tra gli "adorati" oggetti, che pretendono la sua voce.


Texto: Prof. Ottorino Villatora 1999

Share:
$('.collapse').collapse()